I pannelli riflettenti nello Still Life.
Come rendere interessante una foto potenzialmente banale.
Ho spesso affermato che il mio personale modo di illuminare un oggetto prevede che vi siano, per cominciare, ampie zone poco o per nulla illuminate.
Il motivo è che ritengo più facile ed efficiente aggiungere luce ove non vi sia, piuttosto che toglierla dove ce n’è troppa.
Vediamo perché e come.
Fotografando un oggetto semplice, il rischio di creare un’immagine poco interessante, piatta, spenta, è sempre in agguato.
Problema, ahimè, noto da tempo: il classico “pack-shot”, ossia la foto del prodotto che solitamente si trova in basso a destra all’interno degli annunci pubblicitari, è spesso una piccola sfida.
Una scatola di detersivo, un flacone di shampoo, una confezione di cartacucina, sono oggetti piuttosto banali; occorre renderli vivaci, tridimensionali, interessanti, oltre che perfettamente descrittivi.
Prendiamo, come esempio, un parallelepipedo. È necessario che l’illuminazione delle facce visibili sia ben diversificata, pena la sensazione di piattezza.
Ma non basta.
Ecco come si presenta un libro di produzione recente, privo di qualsiasi appeal, se viene illuminato frontalmente con l’aggiunta di un pannello posto senza cura per alleggerire l’ombra sullo spessore.
Beh, piatto e spento! La luce spalmata senza sfumature amplifica inesorabilmente la sensazione di squallore.
Questo metodo d’illuminazione, tuttavia, è quello solitamente adottato da chi ha poca dimestichezza con la fotografia di oggetti poiché è il modo che sembra essere il più logico per illuminare qualcosa.
Vediamo invece come si può costruire un set alternativo e iniziamo disponendo la fonte di luce primaria in modo che lasci la copertina quasi completamente in ombra.
Un metodo, quindi, piuttosto contro-intuitivo.
In questo modo creiamo, dunque, una sorta di leggero controluce.
A questo punto occorre illuminare la copertina, ed è qui che entrano in gioco i pannelli riflettenti.
Ecco come.
Una batteria composta di un pannello più ampio e distante per fornire un’illuminazione generale, e una serie di altri pannelli la cui funzione è quella di pennellare la luce più su alcune zone e meno su altre.
Si nota subito una differenza consistente.
Le sfumature di luce conferiscono all’oggetto un aspetto più importante, sfizioso e accattivante, mentre il controluce dona tridimensionalità al soggetto poiché crea un’alternanza tra luci e ombre.
Ora disponiamo altri due pannelli allo scopo di creare sfumature di luce sugli spessori.
Il set definitivo, quindi, consta di cinque pannelli che illuminano il fronte e due d’ausilio per gli spessori.
Queste sono le viste laterali.
Una volta presa la mano, il posizionamento dei pannelli non è un’operazione particolarmente lunga e complicata.
Un problema spesso complicato da superare, oltre alla scelta di dove disporre i pannelli, è come sostenerli; con un minimo d’inventiva è possibile aggirare l’ostacolo.
Alcuni suggerimenti.
Un consistente aiuto può essere fornito dalla cosiddetta “terza mano”, piccolo attrezzo reperibile facilmente anche online che consta di una base e un braccio lungo una ventina di centimetri al quale sono applicale, alle estremità, due piccole pinze snodate.
Nastro adesivo, colla ciano-acrilica, bacchette di legno (perfetti quelli per gli spiedini), ferri da calza, fil di ferro, pinze e morsetti sono di fondamentale importanza nella dotazione di serie di uno still-lifer.
Per chi ha buona propensione per il bricolages, è relativamente semplice costruire un braccio articolato e modulare utilizzando barre di ferro, o meglio d’alluminio (più leggero e malleabile), agganciato a una base di ferro o di ghisa, con elementi che possono essere acquistati presso un negozio ben fornito di ferramenta.
Un semplice esempio.
Una serie di barre d’alluminio collegate tra loro da viti a farfalla, interponendo tra una barra e l’altra, una rondella di materiale sintetico (nylon) atta a limitare lo scorrimento.
Uno snodo con attacco alla base di ferro.
Una pinza agganciata all’altro capo del braccio snodato.
Un sistema che permette, tra l’altro, di aggiungere o togliere sezioni in modo da poter scegliere la lunghezza del braccio più opportuna.
In commercio, tuttavia, esistono alcuni accessori che hanno uno scopo analogo.
Si tratta di bracci flessibili equipaggiati con una piccola pinzetta e affrancati a una base dal costo relativamente accessibile oppure set professionali di bracci snodati dalla precisione e versatilità straordinaria dal costo, però, proibitivo.
Come ultima considerazione, vorrei analizzare l’ombra.
In generale, è notevolmente più gradevole un’ombra proiettata verso l’osservatore…
Piuttosto che un’ombra che se ne va verso il fondo.
Ogni fonte di luce proietta un’ombra. Utilizzando più fonti di luce sarà difficile non avere ombre multiple, sempre fastidiose e difficilmente eliminabili.
L’uso di una sola fonte di luce consente un maggior controllo dell’unica ombra sul piano d’appoggio.
I pannelli riflettenti utilizzati sono i coperchi delle vaschette alimentari d’alluminio.
Le loro caratteristiche, in termini di efficienza e versatilità, è – per quanto riguarda la mia esperienza – ciò che di meglio si possa sperare di trovare. Anche in ambito professionale.
Quella descritta, è solo una delle possibili applicazioni. Anzi, due: la possibilità di illuminare in modo però più creativo e interessante un oggetto e la creazione di sfumature di luce che sono, in armonia con l’accurata gestione delle ombre, ciò che maggiormente riesce a conferire l’effetto di tridimensionalità.
Un’altra possibilità, a volte determinante ai fini della qualità di un’immagine, è quella di produrre profili luminosi che disegnano i bordi dell’oggetto fotografato, solitamente nelle zone in ombra.
Questi accessori, inoltre, trovano utile applicazione anche nei ritratti.